La lettera di una giovane volontaria: “La prima volta in ambulanza non si scorda mai”

Dopo il primo turno in ambulanza da tirocinante, una nostra giovane volontaria ha scritto questa lettera descrivendo le emozioni provate durante il suo primo soccorso:

La prima volta in ambulanza non la scorderai mai. Scrivo le sensazioni a caldo perché magari tra qualche anno non ricorderò nulla.

Turno serale, e già da mezzogiorno inizia un fastidio allo stomaco. Cerchi di pensare a tutto ma hai in mente solo i parametri vitali, la barella con la leva verde e quella rossa, sarà scoop & run? L’ossigeno, BPCO, la maschera reservoir, il gancio per la flebo, il collare. E ridi pensando al kit amputazioni e al corso (noi non amputiamo, ndr). E cerchi di distrarti ma, mentre stai sul divano con un libro aperto, conti i tuoi stessi battiti e poggi una mano sul petto per contare i respiri. Speriamo non si senta male nessuno stasera, non subito…

Ti passano per la mente le immagini più significative del tuo percorso come tante diapositive montate ad arte. Ripensi al tuo primo direttore di corso, quello a cui dai sempre la “colpa” per essere oggi parte della “famiglia”. Ripensi a come ti ha tenuta per mano quando stavi per mollare prima ancora di iniziare. La formula dell’ossigeno! E ripensi al tutor del corso per trasporti sanitari che rideva sotto la mascherina quando mi diceva che non era “kit antincendio” ma kit ustioni! Anche lui è stato fondamentale in questo mio percorso.

Adesso sono le 19, equipaggio pronto e inizia l’attesa. C’è chi cucina, chi fa la check list, si mangia (tanto, ndr), io lavo i piatti, si chiacchiera, mi insegnano il burraco, squilla il telefono. Ci siamo. Cuore in gola.

Le premesse ci sono tutte, portiamo già il DAE, ma non succede. Io (e non solo io) torno a respirare. E per tutto il tempo sento il tutor alle mie spalle in posizione di protezione. E ringrazio, con consapevolezza stavolta, la direttrice del corso per il soccorso in ambulanza per avermi insegnato bene quello che so, nonostante mi rimproverasse sempre “per colpa degli altri” che mi facevano distrarre.

Poi però sto per morire io perché in ambulanza mi viene il mal di mare e tra un po’ vomito il latte di quando ero bambina e allora urlo: “Brunoooooooooooo!!!”. “È la strada, non sono io!”. Guardo fisso, ripenso ai tonnarelli con pomodorini, olive, limone, candito e spigola e sto per soffocare. Forse avrei dovuto fermarmi alla prima porzione e non fare il bis. 

Torniamo in sede, ho la faccia bianca, mi dicono che sono stravolta e stanca ma io sono soltanto “ammaraggiata” forte (per la traduzione cit. a un siculo qualsiasi), bevo una coca cola dopo un succo al limone, e finiamo la partita di burraco. Vinco! La prossima volta non mangio.

Ora dovrei dormire, sempre che riesca a non farmi l’ABCDE da sola tutta la notte. E stasera, alla mia prima volta, non è successo nulla di grave. Ah, tornando a casa un capriolo ha attraversato la strada, e tanta era ancora l’adrenalina in corpo che in principio ho pensato fosse un unicorno”.

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